lunedì 22 febbraio 2010

Romanzo giapponese

Riyla amava volare. Non volare veramente, intendiamoci, non aveva super poteri, lei. Lei volava con la mente, e quando volava non ti stava mai a sentire, sorrideva e basta. Teizu non poteva fare a meno di farglielo notare, e si può capire. Ogni volta, ogni santissima volta lui le stesse parlando Riyla partiva, partiva e volava lei solo sa fino a dove. Teizu non sopportava quando faceva così, si arrabbiava e ogni volta, giuro, ogni volta, decideva che sarebbe stata l'ultima chiaccherata con quell'antipatica. Lo diceva, si, ma poi ci ricascava il giorno dopo. Ogni volta.
Questo fino a quando incontrò Nagate. Nagate non era certo migliore di Riyla, ma faceva parte di quella parte della scuola che si faceva chiamare Koshiga, e non c'era un ragazzo in tutta Sakoto che non volesse far parte di Koshiga. Per cui, quando Nagate cominciò ad avvicinare Teizu, lui si dimenticò in un istante di tutti i pomeriggi passati con Riyla, e qualche settimana dopo già non si salutavano più. Nonostante la promessa.
Teizu non aveva dimenticato la promessa che aveva fatto a Kidora, ma gli sembrava che dopo due anni avesse tutto il diritto di continuare per la propria strada, di vivere la propria vita. Riyla ovviamente non sapeva nulla della promessa tra Teizu e Kidora, anzi, neppure sapeva che fine avesse fatto Kidora. Credeva se ne fosse andata con Sasome, per fuggire e dimenticare Higasa e tutta la loro storia. Higasa. Lui e Rabu non erano cambiati di una virgola in tutti quegli anni. Se ne stavano sempre lì, all'entrata di scuola, assieme a Gadezu e ho finito i nomi.
Dannati romanzi giapponesi, continuano ad aggiungerti personaggi senza dire niente, che uno la storia se la deve inventare praticamente. E per forza che poi piacciono.

Comunque.

martedì 16 febbraio 2010

"Per una porta che si chiude, se ne aprono altre mille"

No. Per una porta che si chiude si chiude una porta.
Perche' si aprano altre mille porte si dovrebbe essere in una stanza depressurizzata, in modo che l'azione di chiudere una porta provochi uno spostamento d'aria tale da sospingere le mille all'estremita' opposta, che comunque dovrebbero gia' essere socchiuse.
Oppure dovrebbero essere tutte legate a questa porta che si chiude con una corda, ma [controindicazione uno] le porte laterali si aprirebbero pochissimo, diciamo di un apertura insignificante che porterebbe quindi a ridurre il numero di porte che effettivamente si aprono, e [controindicazione due] raggiungere poi una qualunque delle altre porte con tutte quelle corde a mezz'aria risulterebbe piuttosto complicato.

Poi volendo, se prendiamo per vero il butterfly effect, ovvero che un battito d'ali di farfalla puo' provocare un uragano dall'altra parte del mondo, giungiamo alla felice conclusione che si possono aprire altre mille porte chiudendone una, ma sarebbero tutte dall'altre parte del mondo, circa. E quindi, oltre all'ovvia difficolta' di riconoscerle, si pone quella non meno importante di raggiungerle. Che se pago 800euri un biglietto aereo un po' ci penso, che con meta' soldi la porta di prima la butto giu'.

L'unica scappatoia che vedo, che pero' porterebbe all'assunto "per una porta che si chiude se ne apre un'altra", e' la seguente: due stanze rettangolari, tangenti in un solo angolo a formarne uno di 90 gradi, con un entrata ciascuna collocata su tale angolo ma un'unica porta (cfr. Figura 1). A questo punto chiudendo una porta si apre (la stessa) per l'altra stanza. Il fatto che si dica che se ne apre un'altra, e non la stessa, e' facilmente aggirabile puntando sul fatto che il sistema di riferimento e' chiaramente diverso.
Nasce pero' un inconveniente non considerato: chiudendo la porta mi ritrovo confinato in una stanza e non posso sfruttare la porta aperta. Ma tanto mica c'e' scritto nel proverbio.

Comunque.


Figura 1:
.___
|......|.............Le stanze confinano con un angolo, in cui ci saranno
|___ /...__....le due entrate, ma una sola porta.
.........|......|
.........|___|

venerdì 12 febbraio 2010

Cosa [non] faro' da grande

Da grande, ahime', non so cosa faro', ma so di certo cosa non faro'.

Da grande non faro' il drogato: ho paura degli aghi e odio ingoiare pastiglie. Fuori discorso "aspirare" qualcosa col naso, bleah.
Da grande non faro' l'adolescente: non l'ho fatto da adolescente, figuriamoci.
Da grande non faro' il serio, o perlomeno non come occupazione principale. Ovviamente sto scherzando.
Da grande non faro' il faro: un'anafora per spezzare la monotonia.
Da grande non faro' la figura retorica: non capisci mai i discorsi dei tuoi colleghi.
Da grande non faro' il bambino prodigio: troppe responsabilita', implicherebbe fare il serio come occupazione principale.
Da grande non faro' goal: mi piace pensare di rimanere coerente in certe scelte.
Da grande non faro' quello che faro' da grande, lo fanno gia' tutti.
Da grande non faro' il supereroe, mettetevela via: le tutine attillate mi fanno ribrezzo.
Da grande non faro' progetti su cosa faro' da piccolo.
Da grande, comunque, non faro' dei post come questo. Spero.