martedì 20 aprile 2010

La gravita' in assenza di tempo e suoi derivati

Ho un dilemma.
Ho un dilemma che l'altra notte non mi ha fatto dormire, sfruttando un buon gioco di squadra con i tre litri di birra di poche ore prima.
Ho un dilemma, e vado ad esporlo.

La gravita' in assenza di tempo.
Poniamo che io abbia la facolta' di fermare il tempo, bloccando tutte le cose et cetera, ed essere l'unico a riuscire a muoversi in tale situazione. Come nei film insomma, il piu' classico dei superpoteri di bloccaggio del tempo, per capirsi.
Ecco, mettiamo che nel momento in cui fermo il tempo ci sia un pallone a mezz'aria in apparente fase di caduta, fase che evidentemente perde non esistendo piu' un prima e un dopo nella situazione attuale di tempo bloccato. Adesso mettiamo che io prenda quel pallone e lo sposti un metro piu' a sinistra, sempre a mezz'aria.
E adesso come la mettiamo?

Se il pallone cade [consecutio temporum ad casum] significa che la gravita' resiste, ma questo non spiegherebbe il fatto che il pallone sia rimasto bloccato al mio schiocco di dita (si, il potere si attiva schioccando le dita) e non abbia invece proseguito la fase di caduta. Cosa che peraltro toglierebbe tutta la figosita' del potere in questione. L'ipotesi uno e' quindi da scartare.

Ora, se invece il pallone non cade, siamo in una situazione in cui non si e' fermato solo il tempo, ma pure la gravita'. Questo quindi porterebbe il mio organismo a collassare nel giro di pochi minuti, io che mi sto muovendo in assenza di tempo. E questo toglie mooolta figosita' al potere in questione. Senza contare il fatto che, non essendoci gravita', io potrei sollevare un camion senza fatica alcuna, e insomma, dove s'e' mai visto che io possa sollevare un camion con una mano. Cioe', sarebbe un po' irreale.
Dunque sono tentato di scartare pure l'ipotesi due.

Il tutto tra l'altro mi fa pensare ad una corrispondenza biunivoca tra tempo e gravita', il che pero' non spiegherebbe il mio 4 in fisica quando scelsi 'secondi' come unita' di misura per la gravita'.

E infine il tutto mi fa constatare che, e questo e' il motivo principale per cui non riuscivo a dormire, Marty McFly in realta' non viaggiava nel tempo.
Grande Giove!

"La birra applicata ad una mente matematica la porta a scadere nella volgarita' della fisica." (cit.)

Non e' una citazione, e' una frase che mi sono appena inventato, ma messa in corsivo tra virgolette fa tutto un altro effetto.


Comunque.

sabato 20 marzo 2010

Genuinita'

Genuinita' e' mio nipote di 3 anni, che mi corre incontro gridando
Oggi e' mio compleanno! Zio, oggi e' mio compleanno! Cosa mi hai regalato?

lunedì 22 febbraio 2010

Romanzo giapponese

Riyla amava volare. Non volare veramente, intendiamoci, non aveva super poteri, lei. Lei volava con la mente, e quando volava non ti stava mai a sentire, sorrideva e basta. Teizu non poteva fare a meno di farglielo notare, e si può capire. Ogni volta, ogni santissima volta lui le stesse parlando Riyla partiva, partiva e volava lei solo sa fino a dove. Teizu non sopportava quando faceva così, si arrabbiava e ogni volta, giuro, ogni volta, decideva che sarebbe stata l'ultima chiaccherata con quell'antipatica. Lo diceva, si, ma poi ci ricascava il giorno dopo. Ogni volta.
Questo fino a quando incontrò Nagate. Nagate non era certo migliore di Riyla, ma faceva parte di quella parte della scuola che si faceva chiamare Koshiga, e non c'era un ragazzo in tutta Sakoto che non volesse far parte di Koshiga. Per cui, quando Nagate cominciò ad avvicinare Teizu, lui si dimenticò in un istante di tutti i pomeriggi passati con Riyla, e qualche settimana dopo già non si salutavano più. Nonostante la promessa.
Teizu non aveva dimenticato la promessa che aveva fatto a Kidora, ma gli sembrava che dopo due anni avesse tutto il diritto di continuare per la propria strada, di vivere la propria vita. Riyla ovviamente non sapeva nulla della promessa tra Teizu e Kidora, anzi, neppure sapeva che fine avesse fatto Kidora. Credeva se ne fosse andata con Sasome, per fuggire e dimenticare Higasa e tutta la loro storia. Higasa. Lui e Rabu non erano cambiati di una virgola in tutti quegli anni. Se ne stavano sempre lì, all'entrata di scuola, assieme a Gadezu e ho finito i nomi.
Dannati romanzi giapponesi, continuano ad aggiungerti personaggi senza dire niente, che uno la storia se la deve inventare praticamente. E per forza che poi piacciono.

Comunque.

martedì 16 febbraio 2010

"Per una porta che si chiude, se ne aprono altre mille"

No. Per una porta che si chiude si chiude una porta.
Perche' si aprano altre mille porte si dovrebbe essere in una stanza depressurizzata, in modo che l'azione di chiudere una porta provochi uno spostamento d'aria tale da sospingere le mille all'estremita' opposta, che comunque dovrebbero gia' essere socchiuse.
Oppure dovrebbero essere tutte legate a questa porta che si chiude con una corda, ma [controindicazione uno] le porte laterali si aprirebbero pochissimo, diciamo di un apertura insignificante che porterebbe quindi a ridurre il numero di porte che effettivamente si aprono, e [controindicazione due] raggiungere poi una qualunque delle altre porte con tutte quelle corde a mezz'aria risulterebbe piuttosto complicato.

Poi volendo, se prendiamo per vero il butterfly effect, ovvero che un battito d'ali di farfalla puo' provocare un uragano dall'altra parte del mondo, giungiamo alla felice conclusione che si possono aprire altre mille porte chiudendone una, ma sarebbero tutte dall'altre parte del mondo, circa. E quindi, oltre all'ovvia difficolta' di riconoscerle, si pone quella non meno importante di raggiungerle. Che se pago 800euri un biglietto aereo un po' ci penso, che con meta' soldi la porta di prima la butto giu'.

L'unica scappatoia che vedo, che pero' porterebbe all'assunto "per una porta che si chiude se ne apre un'altra", e' la seguente: due stanze rettangolari, tangenti in un solo angolo a formarne uno di 90 gradi, con un entrata ciascuna collocata su tale angolo ma un'unica porta (cfr. Figura 1). A questo punto chiudendo una porta si apre (la stessa) per l'altra stanza. Il fatto che si dica che se ne apre un'altra, e non la stessa, e' facilmente aggirabile puntando sul fatto che il sistema di riferimento e' chiaramente diverso.
Nasce pero' un inconveniente non considerato: chiudendo la porta mi ritrovo confinato in una stanza e non posso sfruttare la porta aperta. Ma tanto mica c'e' scritto nel proverbio.

Comunque.


Figura 1:
.___
|......|.............Le stanze confinano con un angolo, in cui ci saranno
|___ /...__....le due entrate, ma una sola porta.
.........|......|
.........|___|

venerdì 12 febbraio 2010

Cosa [non] faro' da grande

Da grande, ahime', non so cosa faro', ma so di certo cosa non faro'.

Da grande non faro' il drogato: ho paura degli aghi e odio ingoiare pastiglie. Fuori discorso "aspirare" qualcosa col naso, bleah.
Da grande non faro' l'adolescente: non l'ho fatto da adolescente, figuriamoci.
Da grande non faro' il serio, o perlomeno non come occupazione principale. Ovviamente sto scherzando.
Da grande non faro' il faro: un'anafora per spezzare la monotonia.
Da grande non faro' la figura retorica: non capisci mai i discorsi dei tuoi colleghi.
Da grande non faro' il bambino prodigio: troppe responsabilita', implicherebbe fare il serio come occupazione principale.
Da grande non faro' goal: mi piace pensare di rimanere coerente in certe scelte.
Da grande non faro' quello che faro' da grande, lo fanno gia' tutti.
Da grande non faro' il supereroe, mettetevela via: le tutine attillate mi fanno ribrezzo.
Da grande non faro' progetti su cosa faro' da piccolo.
Da grande, comunque, non faro' dei post come questo. Spero.

mercoledì 27 gennaio 2010

Prima di contare, parla fino a 10

Sottotitolo:
Saggio breve sull'importanza dei numeri e sul far di conto.

Tesi:
Ci si indegna di fronte al mancato uso del congiuntivo ma nessuno spende una parola sul fatto che l'85% della popolazione deve usare una macchinetta per contare quante scatole ci sono in una confezione da 3X4.

Antitesi:
Non pervenuta.

Confutazione dell'antitesi [ovvero tocca di nuovo a me]:
Non usate le macchinette. Le macchinette sono il male.

Lo svolgimento un altro giorno.

Bonus:

martedì 19 gennaio 2010

La teoria della troppa intelligenza

Ecco, io ora vorrei spezzare una lancia (#24) a favore del mio intelletto, giusto per non passare per l'idiota di turno ogni volta che.

Il mio apparente, perchè tale è, apparente, non effettivo o concreto, apparente, che appare ma che invece non è, ecco, il mio apparente problema è che spesso non capisco i libri o i film. La fine soprattutto. Diciamo che apparentemente, e non voglio soffermarmi oltre sull'importanza di questo avverbio, apparentemente non riesco a collegare alcune scene o a coglierne la relazione o. Ma spesso eh.

Ecco, quello che voglio dire io è che questo, chiamiamolo inconveniente, questo inconveniente non è dovuto al fatto che non ci arrivo ma, anzi, al fatto che sono troppo avanti. E qui, chi ha le mia capacità ovviamente non ha colto il punto, ma chi ci arriva un po' meno magari ha già capito.
Il punto è che la mia intelligenza mi porta ad esplorare scenari che le altre menti, pat pat, non possono neanche immaginare (cit.); se un film narra una storia che per finire come finisce presuppone una penultima scena da intuire (statemi dietro eh), diciamo, ecco, io mi creo dodici pre-finali che possono "fittare" il finale del film [ho già detto che l'italiano necessita di un verbo come questo? credo di si. Ma non lo dirò mai abbastanza. Da to fit comunque.]; dicevo, dodici pre-finali eccetera, e avendo io a disposizione dodici possibili scelte contro la sola delle altre [pat pat] menti, a volte mi trovo in difficoltà nell'interpretare quale delle dodici il regista ha effettivamente messo in atto. Regista che spesso ha una mente pat-pat, visto che le altre menti pat-pat spesso indovinano.

Ecco, solo per esprimere una volta in più la mia superiorità intellettuale, anche e soprattutto quando sembro idiota.
Ah, è sempre bello quando l'intelligenza si accoppia con l'umiltà e si concretizza in un'unica persona.
Grazie pubblico.

Comunque.