martedì 29 dicembre 2009

Resoconto di Natale e dintorni

+ Una chitarra nuova.
- Cinque giorni di studio programmato buttati.
+ Una camera l u c i d a t a a n u o v o .
- Tre giorni passati tra la polvere.
+ Una chitarra nuova acustica amplificabile aka WOW.
- Mancano otto giorni ai due esami.
- Cinque giorni in cui ho rimandato alcune faccende che dovevo fare assolutamente entro il 18.
- Meno voglia di prima di farle.
+ Una chitarra nuova, che suona bene anche se la suono io.
- Chili di roba da smaltire correndo al freddo e al buio.

Ci aggiungo un + Una chitarra nuova, giusto per provare a riequilibrare.
'Till in svantaggio.

Vabo', aggiungiamoci sto matto che ha deciso di venire al mondo anche quest'anno, sapendo gia' come andava a finire e come andra' avanti. Va che ne sai, eh.
+ + [...] + +

E quindi Natale in positivo anche quest'anno.
E poi c'e' chi sostiene che vivere sia impegnativo. Pfui.

Comunque.

martedì 22 dicembre 2009

So what? [Quindi come la mettiamo?]

Basta una giornata per mettermi definitivamente alle corde. Sto cambiando, ed e' come conoscere una persona nuova: a tratti mi piaccio, a tratti preferivo quello di prima.

Cominciamo dal fatto che io non ho mai sofferto il freddo, e quando dico mai intendo dire che se lo soffrivo un po' mi piaceva. Ecco, ieri, e il giorno prima, e quello prima ancora, avevo un freddo cane [#22]!
Potremmo pure passare all'oggettivita' del freddo, nel senso che si era in doppia cifra sotto zero, che quando parlavi con uno sentivi un blocco di respiro sbatterti in faccia. Che e' un po' l'unica occasione che hai di buttar giu' un vin brule' di botta.
Che poi, pensavo a qualche mese fa quando un canadese mi diceva che in centro Ottawa [nel centro abitato di una citta', non in Alaska!] loro avevano in media 35/40 gradi sottozero [in media!], e che due anni fa erano arrivati a meno cinquantatre [meno cinquantatre!]. Tipo il freddo che ho io meno quaranta gradi [quaranta!].
Uhm, le ripetizioni tra parentesi per enfatizzare cominciano un po' a seccarmi. [...]
Comunque dell'oggettivita' non me ne faccio niente, come spesso accade. E mi preferivo quando non soffrivo il freddo. Uno a zero.

Punto due [no, non sto andando a punti, ma tant'e'], ieri sono andato pure all'H&M a prendermi qualcosa da vestire, visto che il pigiama che indossavo notte e giorno [allenamenti di calcio ed esami inclusi] cominciava un po' ad andarmi stretto.
Ma quant'era comodo!
Comunque, mi son quasi divertito, che c'avrei passato tutto il pomeriggio a provarmi questo e quello. E in genere quando qualcuno mi diceva una frase del genere sbuffavo, provando un misto tra pieta' e ribrezzo, appoggiando mentalmente la mano sulla sua spalla. E niente, mi son preso solo due maglioncini un po' british, ma ci stavo proprio bene la dentro.
E niente, mi sa che pian piano cambiero' un po' stile. Anche se il giorno che mi prendero' un paio di scarpe *esclusivamente* eleganti, potrei togliermi il saluto. A parte questo, per il resto e' un aspetto che mi piace.

Uno a uno.
Ce ne avrei pure un'altra* di differenza, piu' caotica/profonda/pallosa, ancora da risolvere, ancora da capire. La tengo per l'anno nuovo.

Ah, i The Strokes con Is this it spaccano!
[Un giorno scrivero' un libro sulla captatio benevolentiae moderna, associandola alla possibilita' di farsi offrire una birra. Intanto sperimento.]

Anyway. [vedete, sto gia' cambiando!]

*EDIT: su segnalazione, mancava l'apostrofo di un'altra. Una volta non l'avrei mai mancato. Due a uno.

sabato 19 dicembre 2009

La neve e' bella, anche se

La neve e' bella. E' bello vedere tutto bianco, e' bello osservarla mentre fiocca giu', e' bello scendere in strada e tendere l'orecchio alla ricerca di un rumore che non arriva, un rumore che dovrebbe portarci via da quel silenzio irreale.
Tutto molto bello, pero':

i primi sessanta centimetri devono scendere in blocco, sbam!, e poi comincia pure con tutta la figata della neve eccetera eccetera, pero' all'inizio, sbam!, che finche' ci sono quattro cinque centimetri da fastidio; non e' abbastanza per usarla come scusa per restarsene a casa, e dover camminare su quell'insidia senza potersi "sporcare" e' una sofferenza assurda. Che poi adesso devo pure liberare il vialetto, ci fossero sessanta centimetri me la metterei via con il cuore in pace, e invece no.

Certo, potrebbe essere complicato da gestire un blocco unico da sessanta centimetri di neve che scende, ma ne varrebbe sicuramente la pena. All the life.

Comunque.

mercoledì 16 dicembre 2009

Periodo rap/hip hop

Ogni tanto torna, stavolta pero' ho deciso di approfondire qualche artista contemporaneo italiano, e ho cominciato con Kiave. Bella li.

Solo per avvisarvi, visto che temo vedrete citazioni girare un po' a caso nei prossimi post, qualcosa come "gente che va avanti per inerzia e continua, pensa che per andare contro corrente deve staccare la spina" [Kiave - Diggin'].

Arrivo al dunque,
Comunque.
Yo.

lunedì 14 dicembre 2009

Solidarieta' alle guardie del corpo

Fondamentalmente mi sento di condannare il sig. Massimo Tartaglia, a.k.a. colui che ha attentato all'incolumita' del sig. Berlusconi. Perche' chiamatemi moralista [che non ho ancora capito perche' dovrebbe risultare offensivo. E' motivo di sdegno avere dei valori morali?] ma non approvo la violenza in ogni sua forma, la considero una sconfitta.

E pero', onorevole cavaliere, la mi consenta: se le va anche a cercare, eh.
Che se fossi io una sua guardia del corpo mi girerebbero un po' i maroni, che io la devo difendere e poi lei continua a sparare boiate e a provocare la gente. E allora scusa, mica ti posso difendere in una gabbia di leoni se tu continui a tirargli la coda, eh!
Massimo rispetto e solidarieta' alle guardie del corpo del sig. Berlusconi. Ma solo a quelle che hanno il privilegio di essere dotate di intelleto.

Comunque.

sabato 12 dicembre 2009

Paradosso della genialita'

Fossi un genio non dovrei imparare a memoria tutte 'ste dimostrazioni, me le ricaverei ogni volta. D'altra parte, riuscissi ad imparare a memoria tutte 'ste dimostrazione sarei un genio, e a quel punto non avrei piu' bisogno di impararle a memoria.
Paradosso della genialita'.

A quanto pare dunque per passare questo esame dovro' risolvere un paradosso.
Certo, risolvessi questo paradosso sarei un genio, ma se fossi un genio non avrei bisogno di risolvere questo paradosso per passare l'esame.
Paradosso del paradosso della genialita'.

Paradosso dell'infinita' dei paradossi della genialita'.
E qui siamo all'assurdo, il che vuol dire che la nostra ipotesi di partenza era errata, quindi non c'e' modo di passare questo esame.

Tutto questo anziche' studiare. Un genio.

Comunque.

venerdì 4 dicembre 2009

La carrozza del silenzio

Io, per quel che mi riguarda, non mi dispiacerebbe mica una carrozza del silenzio.
Un vagone del treno che ci sta solo chi ha intenzione di star zitto, cosi' uno puo' dormire, puo' studiare, puo' pensare, senza doversi sorbire la descrizione dettagliata del fine settimana di una post-adolescente o la cronaca in diretta della partita di carte dei sedili a fianco.
Io, per come la vedo io, lo vedrei proprio bene un vagone di questo tipo qua.

Ovviamente si entra solo con un biglietto timbrato o un abbonamento valido, che sentirsi battere sulla spalla dal controllore nel pieno della fase r.e.m. e' qualcosa che onomatopeicamente parlando si potrebbe rappresentare con un doppio-sgrunt. Che poi io comunque non dormo mai in treno, eh.

Credo che mi mancheranno i viaggi in treno.
Ma ho ancora tempo.
Comunque.

giovedì 3 dicembre 2009

Il popolo del treno - il lettore

Oggi comincerò una saga riguardante il magico mondo dei pendolari, ovvero tutti quei personaggi che per diletto o dovere prendono il treno ogni giorno o quasi. La categoria scelta per la prima puntata è quella dei cosidetti lettori.

Il lettore medio prende posto vicino al finestrino, e vi si appoggia con la testa. Spesso sorregge il libro con la mano sinistra, mentre quella destra è impegnata a massaggiare le meningi o a sostenere il mento. E' talmente immerso nella lettura che sembra non badare alle chiacchere di chi gli siede davanti; solo ogni tanto socchiude il libro, alza la testa e guarda fuori, quasi a ripercorrere i tratti salienti della storia che lo sta intrattenendo. Come se il libro lo stesse scrivendo lui.
Poi improvvisamente ricomincia.

Considera gli altri passeggeri come parte del romanzo, non li disprezza dall'alto del suo ruolo ma anzi, a volte li osserva affascinato. Se uno sedendogli davanti gli tocca accidentalmente il ginocchio lui si ritrae senza distrarsi, nel tentativo di non intralciare in nessun modo il corso degli eventi.

Decide lui quando è il momento di smettere e non si lascia in nessun modo influenzare dalla fine corsa del treno; si possono osservare spesso alcuni esemplari rimanere all'interno del treno per finire un capitolo, un paragrafo o una riga.
Se il momento di fine lettura arriva prima della propria fermata, il resto del viaggio è per loro motivo di confusione e imbarazzo: dopo alcuni minuti infatti cominciano a guardarsi intorno, visibilmente agitati, persi in una realtà che non avevano considerato, considerando invece l'ipotesi di ritirare fuori il libro e ricominciarlo da capo.

E' poi interessante notare la non-affinità tra i lettori di libri e i lettori di giornali: questi ultimi infatti si discostano completamente dallo stereotipo appena descritto. Il lettore di giornale è invadente, rumoroso, scocciato; non può ignorare chi sta parlando intorno a lui, e spesso scocca fredde occhiate a destra e a manca.
Tuttavia risulta notevolmente più interessante del suo cugino di serie A: osservandolo attentamente infatti non si può non notare le diverse espressioni che caratterizzano il suo volto nel corso della lettura, dalle quali si può facilmente capire l'argomento dell'articolo, il grado di disaccordo tra l'opinione del giornalista e quella del lettore, il suo interesse per la notizia e il piede con cui è sceso dal letto al mattino.

Ci sarebbero moltri altri aspetti da analizzare, ma il lettore di fronte a me ha appena richiuso il suo libro e sta cominciando a guardarsi intorno e ad agitarsi, non vorrei si spaventasse troppo vedendomi sorridere.
Sapete, si tratta di esemplari piuttosto fragili e rari, vanno salvaguardarti.

Comunque.

mercoledì 2 dicembre 2009

Un post inutile che in fondo tanto inutile non è

Ma anche si.
Diciamo che ha l'unico scopo di farmi riprendere i contatti con 'sto blog che nell'ultimo periodo ho un po' snobbato. E a dire il vero io all'inizio mi ero detto che avrei scritto solo quando avessi voluto, che se non mi andava più amen, ma poi boh, ci sono tante cose che inizio e poi mi stufano, e comincio a stufarmi anche di questa cosa che mi stufo, che mica posso sempre lasciar li tutto, e di questa non mi voglio stufare tanto presto, e quindi mi sembrava una buona occasione una volta tanto per continuare un'idea e sovvertire la mia indole.
Che io comincio un sacco di cose e non ne finisco ness

Ahah, che burlone! come avrete intuito continuerò sulla linea dell'ilarità dilagante, dato che sono un portatore sano di simpatia [nel senso che ce l'ho ma non mi fa niente].

Quello che mi ha fatto scrivere sto post, il motivo scatenante, la scintilla, la goccia che ha fatto traboccare il vaso, la sensibile che mi ha fatto risolvere nella dominante, l'assist che ... uhm, no questo decisamente no, vabè insomma, tutto questo e molto di più è stato il risveglio stamattina.

Stamattina mi son svegliato e mi ci son voluti circa tre minuti per capire dove mi trovavo: ero circondato dal disordine. I mucchi di vestiti, stirati e non, avevano invaso tutto lo spazio pedonale in una protesta neanche troppo pacifica; alcuni portavano cartelli con su scritto L'entropia vive, Entropia una di noi, Forza Juve [almeno avevano buon gusto]. E poi c'era ogni sorta di oggettistica immaginabile sparsa per la stanza: libri, strumenti musicali, strumenti di tortura, un inglese che concordava con un arabo il prezzo di un cammello d'avorio indiano [sto ovviamente un po' romanzando, era un semplice cammello di legno], e via discorrendo.
La porta, la mia unica via d'uscita, era così lontana che per raggiungerla ho dovuto immaginarmi a bordo dell'aereo dello spot dell'amaro Montenegro, in una tempesta infuriante, un'impresa impossibile, ma dovevo farcela, pathos, alcool, demenza.

E niente, m'è venuto da pensare che alla fine tutta l'entropia che non ho scaricato nel blog si era accumulata nella mia stanza, la cui antropomorfizzazione rappresenta inevitabilmente il mio essere interiore, e quindi dovevo riprendere a scrivere per riordinare la mia vita. Me lo dovevo.
[Quest'ultimo paragrafo è visibilmente di troppo, ma era necessario per portare il livello cultura/filosofia ad un valore accettabile. Tentativo fallito. Non che ci sperassi in realtà, ma ci dovevo pur provare.]

[Comunque.]